Storie di cronopios e di famas - Julio Cortázar {Recensione no-spoiler}

Buongiorno a tutti lettori,

e bentornati sul blog. Oggi vi racconto di un libro che mi aspettava in libreria da più di un anno, e che si è rivelato una perla rara e unica. Non avevo mai letto niente del genere, mai, ed è stata un'esperienza inedita ed emozionante; anche molto stramba in effetti.
Ecco la mia recensione di Storie di cronopios e di famas di Julio Cortázar.

Storie di cronopios e di famas - Julio Cortázar {Recensione no-spoiler} felice con un libro

Titolo: Storie di cronopios e di famas
Autore: Julio Cortázar
Editore: Einaudi
Data pubblicazione: 1962/ 1971
Pagine: 142

Storie di cronopios e di famas è uno dei libri più strani che io abbia mai letto. 
Non c'è una trama, non c'è un filo conduttore ben delineato, e per metà del tempo non si sa nemmeno di cosa si stia parlando.

Calvino, nella prefazione all'opera, ci guida un po' e ci permette di capire anticipatamente a cosa si riferiscano le due strane parole del titolo: cronopios e famas. Essi incarnano due aspetti contrapposti dell'essere, di Cortázar e, direi, di ognuno di noi. 
I famas rappresentano la ragione, l'efficienza, l'ordine. I cronopios invece sono i sogni, la poesia, la spontaneità

Da essi scaturiscono immagini, brevissimi racconti, a volte lunghi qualche riga, a volte un paio di pagine. Sono stralci di storie assurde, spesso senza capo ne coda, senza un senso preciso. Alcune, come le Istruzioni per piangere, o quelle per salire le scale, sono talmente metodiche da diventare bizzarre. Altre, come Perdita e recupero del capello o Cammello dichiarato indesiderabile, sono fatte di simboli e metafore. Altre ancora, come Storia di un orso morbido sembrano non avere alcun senso.

Quello che penso io è questo:
Leggere Cortázar è come guardare un quadro che non si sa che cosa rappresenti, ma che comunque in fondo a noi stessi ci sembra di comprendere e ci suscita un'emozione fortissima.
È come leggere una poesia di cui non si può cogliere il senso totale alla prima lettura, ma che ci rimane stampata nel cuore.


Quello che l'autore scrive può assumere significati diversi a seconda della personalità o dell'umore di chi lo sta leggendo. Può assumere significati diversi anche ad una seconda o una terza rilettura.
Cercare di capire questo libro è un po' come tentare di spiegare un sogno assurdo, diverso.
Io sono rimasta affascinata dalla polifonia di quest'opera, dalla sua capacità di contenere interpretazioni diverse e di variare al variare del lettore. E infatti, nonostante Storie di cronopios e di famas sia un libriccino molto corto, io me lo sono gustata piano piano, con concentrazione. Ho riletto quasi tutti i capitoli almeno due volte, alcuni anche tre o quattro.
Ho scavato un po', per fare in modo che mi arrivasse quanto più possibile da questa lettura.

Alcuni racconti mi hanno messo i brividi, altri mi hanno fatta ridere, altri mi hanno fatto male e altri non li ho capiti proprio (!).

Quello che sicuramente risulta dalla lettura comunque, è che cronopios e famas (che in realtà compaiono fisicamente nel libro solo nell'ultima parte) non sono poi tanto contrapposti e diversi come si potrebbe pensare. Come dice Calvino, "presto si vede che le due anime sono in fondo una sola, che un confine tra immaginazione incontrollata e immaginazione metodica è impossibile tracciarlo... Del resto osservando bene, si vedrà che è una determinazione degna dei famas che i cronopios mettono nell'essere cronopios, e che nell'agire da famas i famas sono pervasi da una follia non meno stralunata di quella cronopioesca." 

VOTO: 🌞🌞🌞🌞 e mezzo
4,5 

Credo che la bravura e il genio di Cortázar siano evidenti. Non ho idea di come egli abbia fatto a concepire un'opera del genere ma sono felice che l'abbia fatto, perché ci ha regalato qualcosa di diverso e speciale.

Concludo questa recensione con l'incipit del libro, che è davvero uno dei più belli che io abbia mai letto.

"Il lavoro di ammorbidire il mattone tutti i giorni, il lavoro di aprirsi un passaggio nella massa appiccicosa che si proclama mondo, ogni mattina inciampare nel parallelepipedo dal nome ripugnante, con una canina soddisfazione che tutto è al suo posto, la stessa donna accanto, le stesse scarpe, lo stesso sapore dello stesso dentifricio, la stessa tristezza delle case di fronte, della sporca scacchiera delle persiane con la scritta Hotel de Belgique.
Puntare la testa come un toro svogliato contro la massa trasparente al cui centro prendiamo il caffè latte e apriamo il giornale per vedere quel che è successo in un qualsiasi angolo del mattone di cristallo, rifiutarsi a che il delicato gesto di tirare la maniglia, gesto grazie al quale tutto potrebbe trasformarsi, avvenga con la fredda efficacia di un riflesso quotidiano. A presto cara. Buona giornata.
Stringere un cucchiaino fra le dita e sentire il battito del suo polso di metallo, il suo diffidente ammonimento. Come fa male negare un cucchiaino, negare una porta, negare tutto ciò che l'abitudine lecca fino a dargli una soddisfacente levigatezza. Tanto più semplice accettare la facile sollecitudine del cucchiaio, usarlo per girare il caffè. E non che sia brutto che le cose ci trovino ogni giorno di nuovo e siano sempre le stesse. Che accanto a noi ci sia la stessa donna, lo stesso orologio, e che il romanzo aperto sul tavolo inforchi di nuovo la bicicletta dei nostri occhiali, perché dovrebbe essere brutto? Ma come un toro triste bisogna abbassare la testa, dal centro del mattone di cristallo spingere verso il fuori, verso l'altro tanto vicino a noi, inafferrabile come il picador tanto vicino al toro. Castigarsi gli occhi guardando quella cosa che si muove nel cielo e che sornionamente accetta il nome di nuvola, la sua risposta catalogata nella memoria. Non credere che il telefono ti dia i numeri che cerchi. Perché dovrebbe? Verrà soltanto quel che hai preparato e deciso, il triste riflesso della tua speranza, questa scimmia che si gratta su una tavola e trema di freddo. Spaccale la testa, alla scimmia, corri dal centro verso il muro e apriti un passaggio. (...)
Non appena aprirò la porta e mi affaccerò alle scale, saprò che sotto inizia la strada; non lo stampo ormai accettato, non le case che sappiamo, non l'albergo di fronte: la strada, la viva foresta ove ogni istante può piovermi addosso come una magnolia, ove i volti nasceranno man mano che li guarderò, quando andrò avanti ancora un poco, quando con i gomiti e le palpebre e le unghie andrò a fracassare minuziosamente contro la pasta del mattone di cristallo, e mi giocherò la vita avanzando un passo dopo l'altro per andare a comprare il giornale all'angolo."

Spero, nonostante scrivere di questo libro sia difficilissimo, che la mia recensione vi abbia incuriositi e che proverete a leggerlo.

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Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate,
io vi mando un bacione,

Silvia 💝 

Commenti

  1. Ho da poco regalato una copia ad una persona a me cara che potrebbe non apprezzarne la natura caotica e magari finirà per odiarlo, ma i motivi per cui l'ho fatto sono spiegati proprio da quello che hai descritto. Non avrei saputo trovare parole migliori per descrivere questo libro. Gran recensione, Silvia :)

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